L’acqua del mare e dell’oceano rappresenta circa il 70% della superficie terrestre. A differenza dei laghi e fiumi che hanno un’acqua dolce, quella dei mari e degli oceani è caratterizzata dalla presenza di una quantità di sali minerali che si disciolgono in essa. Tra questi sali quello che predomina è il cloruro di sodio ovvero il comune “sale da cucina”.
La teoria di Edmund Halley
La prima persona a chiedersi perché l’acqua del mare sia salata fu uno scienziato inglese di nome, Edmund Halley nel 1715. Halley propose come risposta un processo che chiamò “logoramento continentale”. Difatti l’uomo credeva che il sale e altri minerali raggiungessero i mari grazie ai fiumi che scorrevano lungo i continenti. La pioggia ha “lavato” i minerali della terra e i fiumi li hanno portati al mare. Una volta negli oceani, la concentrazione è stata aumentata dal “ciclo idrologico”. In poche parole l’acqua sottrae sale dalle rocce per darlo ai mari.
La teoria di Halley era molto vicina alla realtà. Attualmente si ritiene che la salinità del mare fosse qualcosa di progressivo e che attualmente si sia stabilizzata. Questo processo di dissoluzione e trasporto dei sali è da immaginare ciclico nel tempo (nei tempi geologici) e la salinità dei mari di oggi è conseguenza di chissà quanti cicli.
Processo di salinizzazione
Il sale che si trova nell’acqua dei mari e degli oceani proviene dal suolo del pianeta. Poiché contiene diverse percentuali di anidride carbonica prelevata dall’atmosfera. Erode il suolo e le rocce, e gli acidi nelle cosiddette acque dolci della pioggia dissolvono le rocce. Come risultato di questo processo naturale, vengono create piccole particelle elettricamente cariche, chiamate ioni, che finiscono nei fiumi che li trasportano nei mari e negli oceani. Una volta in mare, una piccola parte dei sali viene utilizzata dagli organismi viventi mentre il resto rimane disciolta in acqua.
Due degli ioni più comuni nell’acqua salata sono il cloro e il sodio. Insieme rappresentano il 90% degli ioni disciolti nell’acqua dei mari e degli oceani. Uno è positivo, l’altro è negativo, e quando si incontrano formano cloruro di sodio (NaCl), noto anche come … il comune “sale da cucina”. La concentrazione salina (salinità) delle acque correnti è circa 200 volte inferiore a quella marina, che è di circa il 3,5%. Tuttavia, i fiumi depositano più di quattro milioni di tonnellate di sale nelle acque dei mari e degli oceani ogni anno.
La concentrazione di sale cambia da zona a zona
La salinità denota la concentrazione di sale presente nell’acqua di mare. È quindi diversa a seconda di ogni luogo del pianeta. Tra i fattori che influenzano maggiormente ci sono l’evaporazione dovuta all’energia solare che aumenta la concentrazione di sale nelle zone calde più che in quelle fredde, le precipitazioni o l’esistenza di più o meno bacini fluviali.
Ad esempio, l’acqua è meno salata a livello dell’Equatore e ai Poli. Di tutti gli Oceani, l’Atlantico ha il più alto livello di sale. Nel Mar Morto, la proporzione è fuori scala: la presenza di sale arriva ad essere addirittura 10 volte superiore al normale. D’altra parte, quello con la salinità più bassa è il Mar Baltico con il 6%.
Il circuito dell’acqua in natura
Due terzi della superficie terrestre è coperta d’acqua: il 97% è acqua salata e il restante tre percento è acqua dolce. Quando il Sole riscalda l’acqua nei mari e negli oceani si trasforma in un gas (vapore acqueo) e sale nell’aria attraverso un processo chiamato evaporazione. Mentre fluttua nell’aria, il vapore acqueo si raffredda e si trasforma in acqua liquida, formando nuvole attraverso un processo chiamato condensazione. L’acqua alla fine raggiunge il suolo sotto forma di precipitazioni: pioggia, nevischio, grandine o neve.
Questo processo è noto come “ciclo dell’acqua in natura”. Quando le precipitazioni raggiungono la terra, l’acqua scorre nei torrenti e nei fiumi e alla fine raggiunge di nuovo i mari e gli oceani. Successivamente, il Sole riscalda l’acqua dei mari e degli oceani e il ciclo ricomincia.